Vi sono diverse maniere di valorizzare il lavoro dei familiari curanti, allo scopo di mantenere la solidarietà intergenerazionale e il principio di solidarietà che ha finora retto il sistema.

Anche se la promozione della salute non può passare solo attraverso misure di politica sanitaria in senso stretto, qui ci concentriamo solo su certi aspetti legati alla problematica delle cure, in particolare non menzioniamo l’importante tema della prevenzione. Ancora più precisamente ci occuperemo in primo luogo dell’autonomia di malati e anziani. Di fatto, per permettere a queste persone fragili di restare il più possibile autonome, dobbiamo organizzare la loro cura coordinando i nostri sforzi, e proponendo quello che chiamo una famiglia di cure. Quindi, le questioni che affronto qui non sono legate al fatto che il numero di anziani nella nostra società aumenta in proporzione, o che—in relazione a certe pratiche di consumo — i giovani stanno un po’ meno bene di qualche decennio fa. Insomma, mi concentrerò essenzialmente su questioni qualitative.
Importanza delle cure fuori dalle (grandi) strutture medicalizzate
Per varie ragioni, sia di ordine medico che di ordine finanziario, si stanno sempre più affermando le cure ambulatoriali. Si cerca di far passare ai pazienti il minor tempo possibile negli ospedali. Anche gli anziani preferiscono stare il più a lungo possibile a casa. Di fatto, la maggior parte di loro non ha bisogno di aiuti o di cure di lungo corso. Però, a livello svizzero un po meno della metà delle persone sopra i 65 anni soffre di una malattia cronica, e spesso di più malattie (polimorbidità). Si pongono quindi problemi pratici come l’assicurarsi che la presa dei medicinali sia eseguita correttamente, che in caso di crisi acuta si intervenga rapidamente, ecc. Anche se questi problemi trovano una soluzione nelle strutture medicalizzate, dobbiamo piuttosto cercare di rafforzare la rete di cure al di fuori di queste strutture, naturalmente in uno spirito di stretta collaborazione.
Settore formale e informale
Siamo così in presenza di un settore cosiddetto formale, quello degli ospedali, delle case per anziani, delle cure a domicilio organizzate, ecc., e di un settore informale, quello dei familiari curanti (proches aidants, caregivers), delle associazioni, dei volontari, ecc. La cura di una data persona seguirà allora dei percorsi che possono essere sinuosi, ma che devono restare fluidi, e non subire discontinuità. Dobbiamo appunto organizzare i vari interventi in modo da offrire una famiglia di cure. Vorrei ribadire due principi di base per una tale organizzazione: non dobbiamo indebolire il settore formale (pubblico), e dobbiamo rafforzare il ruolo dei medici di famiglia.
Cure infermieristiche
Nel settore formale, mi sembra che l’urgenza sia quella di garantire delle cure infermieristiche forti. Il popolo si è chiaramente espresso in loro favore e dobbiamo adesso implementare le misure necessarie. I primi passi sono stati fatti per quel che riguarda la formazione, e il Ticino ha già preso provvedimenti in tal senso. Dobbiamo però da subito attivarci per migliorare le condizioni di lavoro (orari, aumento del numero di infermiere/i per paziente, …), e pianificare rapidamente un aumento dei salari, e più generalmente il finanziamento del settore (vedi Coriandolo). Possiamo poi anche cercare di stabilizzare nel Cantone una parte del personale di cura frontaliero (vedi il video
estratto de La Domenica del Corriere qui sopra).
Medicina di famiglia
Il/la medico di famiglia (médecin traitant, general practitioner) dovrebbe essere il riferimento per il singolo paziente, perché può assicurare una presa a carico attenta ai costi e—quando è necessario—mettere in relazione le/gli specialiste/i. La/il medico di famiglia è la/lo “specialista della polimorbidità” e può assicurare una gestione e un coordinamento adeguati non solo delle numerose patologie concomitanti che affliggono per esempio gli anziani, ma anche delle loro problematiche socio-sanitarie (mantenimento a domicilio in collaborazione con familiari curanti, servizi infermieristici domiciliari, fisioterapisti, badanti, ecc.).
Associazione in studi di gruppo
Dobbiamo inoltre sostenere l’associazione di medici, infermieri e altri operatori socio-sanitari in studi di gruppo, organizzati come centri multi-professionali e multidisciplinari in varie zone del territorio, tenendo conto della sua diversità. Vi è già una tendenza in questo senso: dal 2005 al 2020 gli studi individuali sono passati dai 2/3 a un 1/3 del numero totale. Una tale organizzazione comporta diversi vantaggi: aumento della qualità delle cure con una migliore presa a carico, fornitura di spazi per servizi ambulatoriali, migliore copertura oraria, scambi professionali, riduzione dei costi di gestione, ecc. La Pianificazione cantonale, pensata soprattutto per le strutture ospedaliere, potrebbe integrare queste strutture e così riconoscere il loro ruolo positivo. In attesa di un nuovo tariffario a livello federale, che preveda un maggior riconoscimento per le prestazioni della medicina di famiglia, il Cantone (con l’aiuto dei Comuni) potrebbe prendere un’iniziativa in questo senso.
Il lavoro non remunerato
L’Ufficio federale di statistica ha valutato che nel 2020 la popolazione residente ha lavorato 9,8 miliardi di ore non remunerate, contro 7,6 miliardi di ore remunerate. Questo lavoro non remunerato equivale a 434 miliardi di franchi. Si può mettere in dubbio l’idea di cercare un equivalente monetario a ogni attività che non sia dormire o divertirsi, o che rilevi della sfera privata, come occuparsi dell’economia domestica. È però fondamentale che vi sia una presa di coscienza dell’importanza del lavoro non remunerato, e che anche quello che rileva della responsabilità individuale, come prendersi cura dei propri figli o genitori, goda della giusta considerazione sociale. Questo è importante per prendere in debito conto il contributo di ognuno/a di noi al buon funzionamento della società: l’attività economica (quella misurata dagli indicatori usuali come il prodotto interno lordo), non deve essere la nostra unica priorità. La nostra società deve permettere ai/lle suoi/e consociati/e di avere la scelta tra diverse opzioni per potersi sviluppare in accordo con le proprie aspirazioni. Per esempio, vi dovrebbero essere un numero sufficiente di asili nido, per permettere ai genitori che lo desiderano di perseguire la loro attività lavorativa, anche se hanno bambini in tenera età.
Per tornare al settore informale delle cure, vi sono diverse maniere di valorizzare il lavoro dei familiari curanti. Il Governo dei Grigioni, a seguito di iniziative in altri cantoni, ha recentemente annunciato la sua intenzione di pagare un assegno di accompagnamento di 500 franchi mensili ai familiari curanti che assistono un loro congiunto. Per questo sono preventivati 2,4 milioni di franchi all’anno a partire dal 2025. Vi sono altre maniere di aiutare chi aiuta: sostenere il mantenimento del loro (eventuale) posto di lavoro remunerato; fare sì che non diminuiscano i contributi alle assicurazioni sociali che li riguardano; prevedere sgravi fiscali; ecc.
Il ruolo dello Stato
Tutte le misure evocate contribuirebbero a stabilizzare e a migliorare il nostro sistema di cure, nonché a renderlo più efficiente. Lo Stato ha interesse a investire in questo senso, oltre che a coordinare i vari settori. Le tendenze demografiche mettono in evidenza che il nostro sistema sanitario e previdenziale subirà delle forti tensioni. Bisogna mantenere la solidarietà intergenerazionale, cioè evitare che la fascia degli attivi (tra i 20 e i 65 anni), che è destinata a diminuire in termini relativi, abbandoni il principio di solidarietà che ha finora retto il sistema.
Ringraziamenti: nella preparazione di questo testo è stato di aiuto un recente documento contenenti le proposte del Gruppo di lavoro sanità dei Verdi del Ticino.