Pensate che in Ticino l’ultima riflessione di fondo sulla scuola risale agli anni 1970!
Da anni, vi sono in corso discussioni su come migliorare l’attuale sistema. Il progetto « La scuola che verrà », presentato dal Governo nel 2017, promuoveva misure per applicare i principi della personalizzazione e della differenziazione pedagogica.

Pensate che in Ticino l’ultima riflessione di fondo sulla scuola risale agli anni 1970! È stata quella che ha portato alla creazione della Scuola media unica. Allora abbiamo giustamente fondato la scuola ticinese sul principio dell’integrazione, e ci siamo dotati di una scuola equa, inclusiva e di qualità. Di fatto, in Ticino abbiamo una buona scuola. Nel confronto internazionale (!) gli allievi ticinesi si collocano ai primi posti (nei tre ambiti misurati, che sono la lettura, la matematica, e le scienze).
Da anni, vi sono in corso discussioni su come migliorare l’attuale sistema. Il progetto « La scuola che verrà », presentato dal Governo nel 2017, promuoveva misure per applicare i principi della personalizzazione e della differenziazione pedagogica. Si tratta di misure che portano sulle modalità e le forme didattiche. Coloro che si sono opposti a questo progetto, affermano di volere che la scuola prepari meglio i giovani ad affrontare le sfide del nostro tempo, ma l’essenziale delle loro proposte riguardano parimenti la riorganizzazione del sistema scolastico.
Dal canto mio, propongo di ripensare la scuola, partendo dalla definizione che ne dà la legge: essa è un’istituzione educativa al servizio della persona e della società. Ricordiamo che questo riguarda—per il momento —la scuola dell’infanzia, quella elementare, la media e le post-obbligatorie (medie superiori, e professionali). Ripensare non è semplicemente rinnovare o riformare, e d’altronde neppure rivoluzionare. Comunque, dovremmo almeno impegnarci a prendere in considerazione una riforma generale della scuola. Si tratta di ridare fiducia alla popolazione (di cui genitori e allievi), e a chi fa la scuola (docenti in primis). Naturalmente, il largo e auspicato dibattito dovrà essere orientato seguendo alcune linee direttive, che personalmente riassumerei come segue.
Imparare dal passato
Vale la pena ricordarci cosa ha implicato la creazione della Scuola media. Abbiamo già indicato quali sono stati gli obiettivi generali. Aggiungiamo che ci si era impegnati in un processo a lungo termine. Sul piano dell’organizzazione si è trattato tra l’altro di:
- coinvolgere i/le docenti formati/e in luoghi diversi (Magistrale, Pavia, Friborgo, …), che erano molto diversi tra di loro
- sperimentare nuovi metodi di insegnamento e la creazione di diverse sedi sperimentali
- eliminare le numerose scuole maggiori, di avviamento e di economia domestica
- eliminare i ginnasi
- costruire molti edifici di scuola media con una spesa di diverse centinaia di milioni di franchi
- adattare di tutte le formazioni successive.
Inoltre, questi cambiamenti dovevano essere compatibili con gli indirizzi a livello federale.
Ordine
Dovremo poi procedere con ordine. Tutte le parti sembrano concordi nel dire che una volta fissati gli obiettivi, i mezzi per raggiungerli si troveranno. Per discutere degli obiettivi, non dobbiamo quindi preoccuparci troppo dei mezzi, anche se naturalmente il corpo docente e le infrastrutture attuali, devono essere tenute in debito conto.
Perimetro di discussione
La riflessione che si svolgerà su tempi sufficientemente lunghi, dovrà essere larga, inclusiva, ed essere fondata su dati affidabili (vedi qui appresso). Non dovrà interferire con i temi oggi sul tavolo, come quello dei livelli.
Secondo la sua definizione, ripensare la scuola significa comprendere come sono evolute la società e le persone, e quali sono i loro bisogni. Dovremo quindi implicare chi può darci un’idea di queste evoluzioni e di questi bisogni.
Sempre restando fedeli alla sua definizione come istituzione, non dobbiamo dimenticare che un’istituzione cambia necessariamente più lentamente che la società di cui fa parte: nell’interesse della società stessa essa deve essere stabile, e funzionare anche quando le persone che la compongono cambiano. Analogamente, la società comporta legami e tradizioni, che non possono dipendere dalle sole tendenze del mondo economico. Quindi, anche se è fondamentale che la scuola prepari al mondo del lavoro, questo non può essere che una delle sue missioni. Rappresentanti del mondo economico dovranno sì essere associati alla riflessione, senza avere però un ruolo preponderante. Così pure, nell’interesse generale, la riflessione dovrà essere a-politica, nel senso che tutte le tendenze politiche dovranno potervi partecipare. Le decisioni finali saranno poi naturalmente prese nei gremii preposti (Governo, Commissioni, Parlamento, …). Chi fa la scuola dovrà avere un ruolo prevalente nella discussione.
Coerentemente con quanto prevede la legge, la scuola si muove in collaborazione con la famiglia e con le altre istituzioni educative. Queste dovranno quindi pure avere il ruolo che loro spetta.
Principi
Per me si tratta di riaffermare la validità del modello ticinese di scuola (secondaria), nel quadro del Concordato a livello svizzero che risale al 2009 (HarmoS). Lo Stato, senza esercitare un monopolio, deve mantenere il suo ruolo, come unica istituzione capace di garantire un futuro alle giovani generazioni. In questo senso, non esito a dire che l’auspicato ripensamento debba rafforzare la scuola pubblica, il che—come dovrebbe essere ormai chiaro da quanto precede—non significa che la scuola pubblica si sviluppi a scapito delle altre istituzioni educative. È importante che la scuola pubblica garantisca lo sviluppo delle loro capacità a tutte/i le/i giovani mitigando i fattori extra-scolastici. Perché, contrariamente a quanto pretendono alcuni, non vi è purtroppo « parità di partenza » per tutte/i le/i giovani ticinesi: non tutte/i hanno gli stessi mezzi, e certe/i provengono da situazioni difficili.
Vi sarà un lavoro da fare all’interno dell’istituzione, per ridare dignità al lavoro di insegnante e per ridare fiducia nel dispositivo di formazione e di certificazione degli insegnanti (ruolo del DFA). Non dovremo evitare di porci questioni che potrebbero portarci a rivedere l’organizzazione del nostro sistema. Sembra acquisito che con l’evoluzione della società della conoscenza, una formazione continua sarà sempre più necessaria. Ci si può chiedere se il nostro sistema sia organizzato correttamente per permettere ai più di varcare i limiti imposti dal loro ambiente culturale di origine. Non sarebbe opportuno estendere l’obbligo formativo o addirittura scolastico?
Per fondare questo lavoro collettivo è importante disporre di dati affidabili. Alcuni dei temi da valutare sarebbero: il rapporto tra scuola e società; il profilo e le aspettative delle varie categorie di futuri/e allievi/e; le loro scelte di orientamento (anche in uscita dall’istituzione); le caratteristiche del mercato del lavoro, in particolare in relazione al reclutamento di stranieri (hanno seguito formazioni complementari a quelle offerte in Ticino?); il nostro sistema in un confronto inter-cantonale, e internazionale.
Sfide
Tra le (nuove) sfide del nostro tempo, di cui la scuola dovrà tenere conto, credo si debbano annoverare almeno le seguenti:
- le nuove fragilità nel mondo del lavoro, legate anche in gran parte alla mancanza di formazione di molti/e lavoratori/rici
- l’accoglienza degli stranieri e il conseguente meticciato culturale
- la diminuzione relativa di partecipazione democratica
- la necessità di una cultura della sufficienza (consumare il giusto)
- la digitalizzazione, con la conseguente perdita di contatto con la realtà sensibile.
Concludo sottolineando l’importanza che dovranno avere le scienze umane (come vengono chiamate), che sono fondamentali per comprendere: le relazioni tra cultura e natura, e quelle tra soggetto e oggetto; il funzionamento delle scienze in generale (differenza tra scienza e scientismo); il senso dell’umanesimo, da contrapporre ad aberrazioni come il trans-umanesimo; ecc.
Ringraziamenti: devo a Elio Venturelli una visione più chiara della problematica qui trattata; coloro che conoscono le sue posizioni avranno riconosciuto la sua influenza. Ringrazio anche Fabio Pusterla che ha accettato di esprimere la sua posizione in un video della serie Il giro di Boas (vedi video « L'importanza della scuola »).