Le libertà sono delle immunità, delle aspettative di non lesione, che lo Stato garantisce. Almeno così dovrebbe essere.

La libertà individuale è tutelata sia dalla Costituzione federale che da quella cantonale, e così pure l’autonomia dei cantoni e dei comuni. Si usa dire che la libertà individuale finisce dove inizia quella degli altri. In questa immagine della libertà, gli altri sono un fastidio! Si dovrebbe invece pensare più positivamente che proprio quello che ci unisce agli altri nella società è quello che tutela la nostra libertà: lo Stato, che traduce il legame sociale, garantisce le libertà (fondamentali), cioè la non interferenza di altri nelle nostre integrità, coscienza, sfera privata, ecc. Le libertà sono delle immunità, delle aspettative di non lesione, che lo Stato garantisce a tutte/i le/i cittadine/i. Almeno così dovrebbe essere.
Si tende a parlare di libertà anche a proposito di libertà di agire, per esempio di sviluppare un’attività economica o di stabilire una relazione contrattuale. Per chiarezza sarebbe forse meglio parlare di autonomia, della possibilità di agire autonomamente, e cioè di poter agire sulla base di decisioni proprie che integrano il proprio vissuto e le proprie aspirazioni, in un quadro definito. Si tratta di auto-determinazione nel rispetto di certe condizioni. In questo senso la giustizia e la scienza, per esempio, operano in sfere autonome. Facciamo degli esempi, per mostrare l’importanza del rispetto dell’autonomia e di come può venire a mancare.
Cominciamo a livello individuale. In un’analisi della Rivoluzione francese la filosofa Hannah Arendt considera la libertà come un’autonomia, e più precisamente come quello che permette a un individuo di cominciare qualcosa di nuovo, cioè appunto di agire. Osserva allora che bisogna avere la libertà di essere liberi, cioè che qualcuno che è nel bisogno non è libero, e difficilmente potrà cominciare qualcosa di nuovo. Per poter decidere (di cambiare) bisogna averne i mezzi. In questo senso l’idea, promossa anche da alcuni politici ticinesi, che siamo « uguali alla partenza » è una finzione pericolosa: è importante tener conto del fatto che purtroppo nascere uomo o donna non apre ancora le stesse prospettive, e che per esempio il luogo di nascita ha ancora una grande influenza sui possibili percorsi di vita.
Pensiamo ora ai malati e agli anziani, e quanto sia fondamentale che possano mantenere la loro autonomia. È interessante notare che la nozione di consenso volontario, cioè di poter esercitare il libero potere decisionale, è nato nel contesto dei processi di Norimberga al termine della seconda guerra mondiale, dopo che erano state compiute così tante atroci sperimentazioni dai medici nazisti. Oggi, per fortuna siamo protetti da tali atrocità, ma succede ancora che i medici abbiano un atteggiamento paternalista nei confronti dei pazienti. Di fatto, il mancato rispetto dell’autonomia lede la dignità umana, e dobbiamo vegliare a fare sì che il potere decisionale della persona prevalga su quello del medico o del curante. Questo non è così facile da tradurre in atti, e ne affronto un aspetto nella proposta di questa settimana (vedi Una famiglia di cure e Coriandolo).
La diffusione crescente dei mezzi informatici può giustamente essere vissuto come una specie di invasione, con una conseguente perdita di autonomia. Non c’è bisogno di confrontarsi con la generalizzazione dell’intelligenza artificiale per capire di cosa si tratta. Il fatto, che in molti luoghi non sia più possibile pagare se non con carte di credito o altri mezzi informatici, ha portato all’iniziativa popolare « Il denaro contante è libertà », che ha appena raccolto un numero sufficiente di firme e che verrà probabilmente sottoposta al popolo.
Consideriamo ora il livello collettivo. Penso che se evoco l’autogestione sappiate di cosa voglio parlare. Il punto chiave secondo me è appunto che bisogna trovare un insieme di regole per definire uno spazio dove l’autogestione possa svilupparsi autonomamente. Visto che si è trovato il modo di farlo in tante altre città svizzere, dev’essere possibile farlo anche a Lugano. Spero vivamente che i passi intrapresi dopo la distruzione all’ex-Macello siano il segno di un cambiamento, e che non si abbandonino gli sforzi per trovare una soluzione a questa crisi non ancora risolta. La collaborazione tra il Municipio e un’associazione culturale, che ha portato alla creazione de La Straordinaria (vedi cartolina), è un buon inizio.
Gli anni 2020-2022, tempo di Covid-19, hanno rivelato la fragilità delle nostre istituzioni. Come abbiamo sottolineato sopra (e nel testo Come la legge limita lo Stato), il nostro assetto giuridico dovrebbe dire quello che i cittadini non devono fare. In quel periodo invece, in nome dell’emergenza, le autorità hanno organizzato la nostra vita collettiva e hanno prodotto regole che hanno avuto un impatto addirittura sulla nostra vita privata (vedi le mie opinioni apparse a novembre 2021 nel Corriere del Ticino e ne La Regione nel febbraio 2022) . La pressione esercitata sulle persone che avevano scelto di non vaccinarsi è stata esagerata, ed è stata giustamente vissuta come una violazione all’integrità fisica. I metodi di controllo sociale introdotti, con l’ausilio delle tecnologie dell’informazione, se non sono ancora diffusi come in Cina, rischiano di essere usati a sproposito anche nelle nostre democrazie, in particolare per dare delle risposte sbagliate a problemi che ci preoccupano. Noto che non lontano da noi si sperimentano già « patenti digitali » per premiare cittadini che l’autorità definisce come virtuosi (vedi il mio articolo Le crédit social a-t-il veramente débarqué à Bologne, apparso in Bon pour la tête). Vi è chi immagina l’introduzione di un controllo del consumo individuale di CO2. Questo sarebbe deleterio, visto che la soluzione al riscaldamento climatico va trovata a livello collettivo.
Le nostre istituzioni sono fragili, e l’atteggiamento un po’ paternalista delle autorità non aiuta a rafforzarle. Tutte e tutti dobbiamo agire nel rispetto dei principi e dei testi che fondano la nostra convivenza, mantenendo il giusto equilibrio nell’interesse di ognuna/o di noi, a tutela delle minoranze (che variano con il tempo) e dei più vulnerabili (tra i quali potremmo un giorno essere). Anche qui possiamo fare la nostra parte.