Da tempo i demografi e gli scienziati ci allertano sulle criticità, e mi sembra che non abbiamo veramente preso in conto i loro avvertimenti. Dobbiamo assolutamente trovare un consenso il più largo possibile sul come affrontare le sfide messe in evidenza dai dati in nostro possesso.

Disporre di dati accurati e saperli interpretare è fondamentale. Per questo il lavoro degli Uffici di statistica a livello federale e cantonale è importante. Stefano Franscini è stato tra i primi a capirlo. Bisogna però ricordarsi delle scelte implicite nella misure e nei calcoli effettuati. Per esempio, è doveroso sottolineare che (in Svizzera) la misura standard del costo della vita, non tiene conto dei premi malattia, e che non esiste un indice regionale del costo della vita. Alla stessa maniera i dati sulla disoccupazione dipendono dalla definizione che si sceglie della disoccupazione stessa. Ma ancora più importante, è sottolineare che il tasso di disoccupati non è l’unica maniera per descrivere lo stato di salute del (cosiddetto) mercato del lavoro, che è molto cambiato da quando le misure della disoccupazione sono state introdotte.
Detto questo, vi sono dei dati che anche se potessero essere calcolati un po’ diversamente non possono lasciarci indifferenti. La povertà in Svizzera è in aumento: nel 2016 vi era il 6,7% della popolazione al di sotto della soglia di povertà; nel 2020 ve ne era l’8,5%, e addirittura il 16,2% tra le persone sopra i 65 anni. Ancora più impressionante è il dato riguardante la precarietà: 15,4% dei residenti, cioè ca. 1,2 milioni di persone sono in una situazione precaria. Un altro dato sul quale si può discutere del dettaglio, ma che comunque indica un problema grave, è quello riguardante la disparità salariale di genere: si calcola che se non vi fosse questa disparità, le donne che esercitano un lavoro dipendente guadagnerebbero ca. 15 miliardi di franchi in più all’anno! Sempre sul fronte del lavoro, ma in un settore specifico, dà da pensare il fatto che in Svizzera ogni settimana 500 professionisti sanitari abbandonano la professione. Vi sono poi le incertezze dovute all’evoluzione demografica e quelle legate al degrado dell’ambiente. Da tempo i demografi e gli scienziati ci allertano sulle criticità, e mi sembra che non abbiamo veramente preso in conto i loro avvertimenti. Dobbiamo assolutamente trovare un consenso il più largo possibile sul come affrontare le sfide messe in evidenza dai dati in nostro possesso. Anche in Ticino possiamo fare la nostra parte!
Questa settimana propongo un programma di intervento per migliorare in maniera misurabile l’efficienza termica e energetica degli edifici in Ticino. Per questo il Cantone dovrebbe assumere il ruolo di Stato imprenditoriale e condurre una politica attiva in collaborazione con i diversi attori implicati (vedi Proposta e Coriandolo). Nelle prossime settimane, proporrò delle idee su come in Ticino possiamo cercare di migliorare altre situazioni critiche messe in evidenza dai diversi tipi di dati.