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Arte, cultura e politica

In un’assemblea che funziona sulla base del consenso ogni voce conta, e ogni partecipante è responsabile delle decisioni prese, questo permette di coniugare stabilità e cambiamento.


Prendo spunto dalla riunione organizzata presso La Straordinaria sabato 18 marzo per proporre una breve riflessione nella quale sostengo che la creazione artistica e culturale richiede un’autonomia di gestione, che se necessario va reclamata con la dovuta insistenza, sulla base di decisioni collettive prese in maniera consensuale, in un quadro aperto, ma definito.

L’esperienza de La Straordinaria

La programmazione culturale proposta da La Straordinaria da fine dicembre a fine marzo è veramente … straordinaria! In cifre: 150 eventi e più di 30000 visitatori. Quello che si è mosso in questo poco tempo è di natura diversa rispetto ad altre iniziative luganesi o cantonali. Più denso, più trasversale, in linea con quello che si muove altrove in Svizzera. È la dimostrazione della voglia e della capacità di fare di alcuni, e del desiderio di nutrirsi di incontri, arte e cultura di moltissimi altri. Quindi è giusto chiedere « e dopo ? », e rispondere « 10, 100, 1000 spazi ». Il movimento non deve fermarsi. Ma come mantenerlo vivo?

Testimonianze da fuori per alimentare la riflessione

Per stimolare la riflessione La Straordinaria ha programmato un pomeriggio di scambi durante il quale sono state evocate le esperienze del Molino e quelle che hanno portato allo spazio Morel, e sono intervenuti rappresentanti di due delle realtà svizzere che operano in un spirito simile al Molino e a La Straordinaria: l’Usine di Ginevra e la Reitschule di Berna. È pure intervenuta una rappresentante della città di Berna, che ha presentato cifre che fanno riflettere: sul periodo 2024-2027, la Città capitale ha previsto di stanziare all’anno 3,9 Mio per progetti culturali, 7,9 Mio per contratti di prestazioni stipulati da enti culturali con la sola Città, e 21,3 Mio per analoghi contratti, ai quali partecipano anche il Cantone e la Regione. Cioè in totale ca. 33 Mio all’anno … In contrasto, per preservare la propria autonomia, l’Usine ha per lungo tempo rifiutato sovvenzioni pubbliche, e la Reitschule riceve solo 380000 CHF, che servono essenzialmente per coprire l’affitto dello stabile di proprietà della Città (è una partita di giro). In seno all’Usine l’atteggiamento nei confronti delle sovvenzioni è un po’ cambiato, ma quello che voglio sottolineare è che sia a Berna che a Ginevra le autorità hanno trovato il modo di riservare una (piccola) parte del budget all’arte e alla cultura emergente, e gestita autonomamente. Non che questo sia stato deciso una volta per tutte, anzi! Ancora recentemente un Consigliere di Stato ginevrino ha cercato di far chiudere l’Usine, e la popolazione bernese si è dovuta esprimere ben cinque volte per sostenere la Reitschule.

L’importanza delle scelte politiche degli attori culturali

Appare evidente l’importanza del quadro istituzionale e quindi della politica istituzionale. Il fatto che le maggioranze a Berna e Ginevra siano di sinistra contribuisce a spiegare il successo di Usine e Reitschule, ma non spiega tutto. Di fatto, le testimonianze hanno anche messo in evidenza quanto sia importante l’agire politico degli attori culturali stessi. L’Usine è partita da un’esperienza di occupazione, ed è evoluta verso una struttura parzialmente sovvenzionata. Analogamente, la Reitschule pur non ricevendo quasi nessun aiuto finanziario è diventata la scena culturale più seguita della capitale: nel 2019 ha organizzato 620 eventi, che sono stati seguiti da 175000 persone. Penso che la durata nel tempo di queste esperienze e il loro successo siano il risultato del loro funzionamento interno basato sul consenso, che traduce una chiara scelta politica. In un’assemblea che funziona sulla base del consenso ogni voce conta, e ogni partecipante è responsabile delle decisioni prese, questo permette di coniugare stabilità e cambiamento.

Il Molino insegna

Non è per niente facile funzionare sulla base del consenso, richiede partecipazione, responsabilità, rispetto e tolleranza. L’assemblea del Molino però funziona così, e questa scelta politica ha avuto degli effetti. Il più interessante a mio modo di vedere è l’apertura che ha mostrato nei confronti di tutti coloro che sono pronti a condividere la sua impostazione di fondo. Ne è la prova il percorso che ha portato al Morel. Il gruppo promotore, dopo aver incontrato problemi con i pur ben intenzionati proprietari dei vari bar nei quali aveva cominciato la sua attività, ha chiesto l’accoglienza al Molino, e ha immediatamente (!) trovato un sostegno. Il periodo passato al Molino è stato prezioso perché ha permesso al gruppo di far maturare il suo progetto.

Con il suo rifiuto di piegarsi alle logiche commerciali e mantenendo viva la credenza nella possibilità di una società senza dominazioni di sorta, il Molino ha anticipato diverse derive che ostacolano la creazione artistica e culturale locale. Di fatto, si continua a investire solo nella fruizione e nella preservazione di arte e cultura. Queste sono legittime, ma non sostituiscono la creazione e la sperimentazione, importanti per tante ragioni, che non è qui il luogo di ricordare.

Tra i 10, 100, 1000 spazi da trovare, solo alcuni—e non solo uno—dovranno essere riservati alla promozione della creazione, ma dovranno assolutamente esistere, e ogni pianificazione d’insieme non deve dimenticarlo. Forse se le cose non si sbloccano, gli operatori culturali dovranno sviluppare una maggiore coscienza politica, e posizioni non dissimili da quelle promosse dal Molino. Come ricordato, una lotta consapevole è stata necessaria per mantenere in vita i progetti già ben avviati di Ginevra e Berna. Anche a Lugano, e più largamente in Ticino, è forse giunto il momento che venga riconosciuto ufficialmente il valore che porta l’esperienza del Molino. Senza esagerare, con giudizio, ma anche con convinzione, e per cominciare da parte degli operatori culturali stessi. La ricca programmazione de La Straordinaria, che ha coinvolto tutta una serie di realtà indipendenti, come le associazioni professionali di categoria, dimostra che un gruppo eterogeneo può perseguire un obiettivo fondamentale comune. La sfida è di mantenere nel tempo la coesione di questa costellazione, e così il suo enorme potenziale, senza una necessaria unità di luogo. Per questo non può che avanzare in maniera consensuale, con tutte le difficoltà che comporta. Se no sarà divisa.

Noto che la Reitschule accoglie regolarmente allieve e allievi delle scuole di un Cantone della Svizzera centrale nel quadro di un insegnamento di civica, per istruirli sulle proprie modalità di funzionamento democratico. A quando una tale apertura anche in Ticino?



Arte, cultura e politica è apparso su I Naufraghi il 24 marzo 2023




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